Girolamo Savonarola fu un frate domenicano e un leader politico; attivo a Firenze nella seconda metà del XV secolo, fomentò importanti cambiamenti religiosi e sociali: predicò contro gli abusi tirannici dei Medici, denunciò la corruzione del clero e diede inizio a una crociata contro gli eccessi della ricchezza e del lusso. Condannò tutti quei beni preziosi che avrebbero incarnato lo spirito del Rinascimento: una cultura orientata alla ricerca della bellezza. Grazie ai suoi sermoni profetici, che sottolineavano il ritorno di Cristo, si adoperò per instaurare una “repubblica cristiana” e ottenne grande potere politico e numerosi seguaci.
Savonarola riuscì a organizzare diversi “Roghi delle Vanità” durante i quali vennero distrutti opere d’arte, gioielli, abiti pregiati, trucchi, specchi, strumenti musicali, manoscritti e persino dipinti.
Non sorprende che Savonarola si fece molti nemici potenti. Tra questi c’era il papa Borgia, Alessandro VI, che aveva buone ragioni per sentirsi a disagio con la denuncia del domenicano del lassismo e del lusso della Chiesa e dei suoi leader, e che alla fine lo scomunicò. La Domenica delle Palme del 1498 Savonarola fu arrestato insieme a due frati che erano tra i suoi più ferventi seguaci, Fra Domenico e Fra Salvestro. Tutti e tre furono crudelmente torturati prima di essere condannati come eretici.
La mattina del 23 maggio una folla di fiorentini si radunò in Piazza della Signoria per assistere all’esecuzione di Girolamo Savonarola e dei suoi due compagni. I tre furono impiccati e bruciati. Quel poco che rimase dei tre domenicani fu gettato in Arno, a condannarli definitivamente e a condannare la loro memoria.
Tuttavia, nei giorni successivi, la gente lasciò fiori e petali di rose nel punto esatto del martirio. Da allora, ogni anno, i fiorentini ripetono lo stesso gesto in una cerimonia ufficiale, chiamata “Fiorita”. Bellissimi fiori vengono deposti in Piazza della Signoria e la cerimonia prosegue con un corteo storico che arriva a Ponte Vecchio, dove petali di rose vengono simbolicamente gettati in Arno.
